LE INCOGNITE (PER ENTRAMBI I CONTENDENTI) DELLA GUERRA A PORTE SCORREVOLI TRA DONBASS E KURSK

Qualcosa di simile avvenne nei primi giorni della Prima Guerra Mondiale, quando la Germania procedeva più o meno secondo il piano Schlieffen (“la manica dell’ultimo fante sulla destra lambisca il mare”) e la Francia adempiva al sacro dovere di irrompere in Alsazia e Lorena, per ricongiungerle alla patria. Ma la storia insegnò che il vero fronte era il primo, non il secondo.

Analogamente, è ormai abbastanza chiaro che il conflitto russo-ucraino si gioca (orrendo termine, dato che si tratta di vite umane) in Donetsk e Donbass, e di certo non nell’oblast di Kursk. Sembra infatti che i russi avanzino proprio in questi giorni, paradossalmente approfittando del distoglimento delle forze Ucraina-NATO per l’operazione a Kursk.

Per l’Ucraina (che comunque ostenta sicurezza dichiarandosi pronta ad amministrare i territori occupati), non è da minimizzare il rischio di accerchiamento delle proprie forze più avanzate, che invece di stabilizzare il fronte, rischiano di trovarsi isolate. Questo, anche se sembra improbabile una supervisione NATO ingenua e approssimativa.

Nonostante tutto, chi finora ha subito i maggiori danni dalla situazione è la Russia per i seguenti motivi:

  1. Il Cremlino e il ministero degli Esteri additano continuamente il missile americano che ha colpito un certo ponte strategico per il deflusso dei profughi, la presunta autoblinda italiana, o le munizioni francesi, i droni spagnoli, e via dicendo. Tuttavia, queste forniture sono una costante fin dai primissimi giorni della “operazione speciale”, e questi moniti non sono serviti a nulla se non a un continuo innalzamento dell’asticella, culminato ormai, che ci piaccia o no, con l’inizio dell’invasione del territorio russo. Passano giorni, passeranno settimane, ma una reazione da superpotenza militare (e nucleare) di fronte a un fatto così grave ancora non si vede. Pensiamo all’ipotesi di un’invasione del Texas o della California partendo dal territorio messicano: l’ipotesi probabilistica non ha paragoni.
  2. Francamente, non do per scontato che domani, all’inizio di settembre o nemmeno alla fine del mese, gli ucraini saranno ricacciati oltre il confine di stato. Ebbene, le (finora ottantadue) piccole municipalità, comprese alcune importanti per gli snodi della distribuzione del gas transfrontaliero, saranno (qualche provocatoria avance diplomatica in tal senso già vi è) moneta di scambio per una compensazione territoriale a chiusura della partita. Una straordinaria beffa per le ambizioni e i sogni geopolitici della Russia: e che figuraccia dinanzi alla Cina e a tutta la congrega dei BRICS+.
  3. E qui andiamo al cuore del problema. Un Putin così sconfessato nella sua narrazione nazionalista e patriottica, il cui disastroso canto del cigno si risolve nella prima violazione del territorio russo dall’epoca della Seconda Guerra Mondiale o “Grande Guerra Patriottica”, che futuro, anzi che presente politico, credete possa avere? Persino il bonapartismo, sia il primo che quello tardivo di Napoleone III, non furono mai un nuovo regime monarchico come nei progetti dei loro leader e sostenitori più viscerali, ma una sorta di dittature militari che alla lunga non ressero alla prova sul campo. Per chi e per cosa è morta “Dasha” Dugina proprio due anni fa, o i blogger patriottici che credevano di essere al sicuro nella propria patria? Per il “cerchio magico” del Cremlino? Non credo proprio.

Dunque, caro Presidente Putin, è giunta l’ora delle decisioni irrevocabili, cioè è venuto il momento di premere sull’acceleratore e chiudere la partita in men che non si dica.

O ora, o mai più.

A. Martino

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