TRA COREA E VIETNAM, VLADIMIR PUTIN HA DIMOSTRATO DI DARE ANCORA LE CARTE SUI GRANDI SCACCHIERI INTERNAZIONALI

In un mondo di guerre per procura, sanzioni occidentali e ancora sanzioni verso players sgraditi (con quelle di oggi dovremmo essere al quattordicesimo “pacchetto” eurocratico di sanzioni antirusse), ambasciatori privi di reali deleghe politiche e così via, mi pare molto interessante il tour asiatico del leader russo Vladimir Putin. Il quale evidentemente, non ovunque teme un arresto per il famoso ordine di cattura del tribunale dell’Aja, come già visto in paesi arabi. Siamo dinanzi a movimenti di diplomazia classica, laddove questa sembra offuscata dalla isteria delle pregiudiziali ideologiche e della politica estera elaborata da un ente organizzativo di alleanze ( la NATO) il quale invece di eseguire politiche internazionali, le crea di concerto con Washington per poi imporle ai satelliti di questa.

La Russia conferma di non essere un paria della politica internazionale se non per il cosiddetto Occidente (in pratica, gli USA e i suoi satelliti). Anche se è vero che costoro l’hanno schiacciata verso l’ Eurasia: il che rallegrerà Alexandr Dugin confermandone per sommi capi la sua visione geopolitica che sarà pure quella di un  intellettuale dal pensiero più forte, interessante e alternativo degli ultimi cinquanta anni. Ma la vocazione russa più profonda resta per una “certa Europa”, e da quell’epoca che per noi fu la stagione rinascimentale la Russia ha sempre rappresentato il bastione europeo contro i “mongoli”. E se si legge tra le pieghe del viaggio putiniano tra la capitale nordcoreana  e quella vietnamita, qualcosa anzi molto di questo retaggio geopolitico è rimasto.

Innanzitutto, fra Federazione russa e Repubblica popolare democratica di Corea è stato firmato un vero e proprio trattato di alleanza: attenzione, qui non si tratta solo di chiacchiere e sorrisi o conferenze stampa congiunte ai margini di un vertice e magari anche di manovre militari comuni come con lo sfingeico alleato della Repubblica popolare cinese. Ma si è andati molto oltre, accoglienza cinematografica e trionfale per lo “zar” a parte, dei ben precisi impegni reciproci della serie “io ti do le armi, tu mi sfami il popolo”.

Qui siamo dinanzi a un classico trattato di alleanza difensiva (io ti aiuto se qualcuno ti attacca e viceversa). E siamo dinanzi a una riapertura della geopolitica russa nell’area estremo-orientale (si veda alla fallimentare guerra russo-nipponica del 1904-1905 o al conflitto di Manciuria tra l’Unione sovietica e il Giappone, o all’aggressione sempre sovietica verso quest’ ultimo a pochi giorni dalla fine della guerra, o agli scontri sull’ Ussuri fra cinesi maoisti e russo-sovietici).

La geopolitica cinese, come accennavamo, è molto ambigua: se da un lato non può permettere il collasso militare e politico della Russia (che trattati o non, resta la sua prima amica internazionale) e qualche aiuto più che altro tecnologico, indubbiamente e in barba a qualunque sanzione occidentale, glielo ha dato, dall’altro non può e non vuole arrivare alla rottura con la galassia euroatlantista. Sono troppe le ricadute commerciali di una simile postura, anche se magari, un “pacchetto” di sfida all’ Occidente comprendente anche Taiwan su cui ovviamente Putin tacerebbe potrebbe essere allettante (ma non ci credo, non vedo i cinesi da colpo di testa). Oltretutto, la Siberia spopolata e con le sue enormi risorse naturali,  fa gola a Pechino: un collasso russo le consentirebbe di farla sua, direttamente o con suddivisione in staterelli vassalli, in non più di qualche mese.

Questa è la visione russa ovviamente non sbandierata, ma l’avvertimento ai cinesi è chiaro, e non credo che convenga dalle parti di Pechino avere la coda di paglia: certo, Kim Jong Un è una loro croce; gli crea una enormità di tensioni nell’area e non possono apertamente fare da poliziotti nei suoi confronti un po’ per l’ ufficiale comune e residua adesione al verbo marx-leninista, ma soprattutto per la temibilità dell’ arsenale nordcoreano a cui infatti Putin può attingere a prezzi di saldo dato l’esubero della “merce” in magazzino.

In questo modo, Putin ha dimostrato di essere ancora un attore globale, di non essere un “fesso” (forse innervosito da qualche lacunosità cinese nei sostegni concreti alla guerra), e di sapersi guardare benissimo le spalle.

Più semplicemente cooperativo è il senso degli abboccamenti con i vietnamiti, regime ancora ufficialmente comunista ma di fatto convertito al dio Mercato come i cinesi e sicuramente meno repressivo. Il Vietnam si barcamena tra cinesi e americani facendo affari con entrambi, ma ultimamente ha esplicitamente disobbedito ai desideri di Washington in materia di isolamento della Russia. Significative le congratulazioni a Putin per la sua rielezione e le esplicite dichiarazioni in materia di cooperazione militare su cui a Hanoi si sta lavorando: una vera e propria sfida, là dove d’altronde di sfide allo zio Sam credo se ne intendano.

A. Martino

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